Palazzina Laf, i ricordi dell’ingresso nel ‘lager’ dell’allora sostituto procuratore Coccioli

Palazzina Laf, i ricordi dell’ingresso nel ‘lager’ dell’allora sostituto procuratore Coccioli

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Ventisei anni fa, il 7 novembre 1998, la magistratura mise solo sequestro la Palazzina Laf, l’edificio della fabbrica in cui i dirigenti del centro siderurgico Ilva confinavano i lavoratori indisponibili ad accettare il demansionamento. Fu il primo clamoroso caso di mobbing in Italia, che portò nel 2001 alla condanna (poi confermata nei due successivi gradi di giudizio) di undici persone: dirigenti, capi e il proprietario dell’Ilva, Emilio Riva.

Una storia emblematica che ha ispirato il film dell’attore e regista tarantino Michele Riondino.

Ieri un incontro in  biblioteca Acclavio, coordinato dal giornalista Tonio Attino, che lo ha promosso insieme a Vincenzo Di Renna, docente del liceo artistico “Calò”.

Tra gli intervenuti, alcuni dei protagonisti reali, fra cui Claudio Virtù e Giuseppe Palma, che in quella Palazzina vennero confinati e Marisa Lieti, la psichiatra che seguì i lavoratori e denunciò pubblicamente la loro condizione di stress e tre tentativi di suicidio.

C’era anche Alessio Coccioli, oggi procuratore a Matera ma ai tempi sostituto procuratore a Taranto. Fu lui a condurre l’inchiesta giudiziaria con il procuratore aggiunto Franco Sebastio.

Il suo ricordo di questa vicenda e dei suoi protagonisti, nell’intervista a Marina Luzzi e Francesco Casula

 

 

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Redazione
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